Informazioni su ...

FATTURA ELETTRONICA

Dal 6 giugno 2014 è operativo l'obbligo della fatturazione elettronica nei confronti della Pubblica Amministrazione, per i fornitori di beni e servizi, compresi i professionisti, di cui all'art. 1 commi 209213 L. 244/07.

Da tale data l'Amministrazione della Giustizia non può più ricevere fatture in formato cartaceo, sia per le spese di giustizia, sia per le spese di funzionamento.

Si richiama l'attenzione sulla necessità di indicare, in fattura, l'esatto codice univoco ufficio IPA. A tale proposito si rammenta che il Tribunale di Catanzaro è identificato da due codici diversi, uno che dovrà essere utilizzato per la fatturazione digitale delle spese di giustizia (compensi ed indennità spettanti a terzi e liquidati dal giudice, compensi ai difensori delle parti ammesse al patrocinio a spese dello stato nei procedimenti civili e penali e di soggetti irreperibili difesi d'ufficio nel processo penale, emolumenti spettanti ai GOP in servizio presso questo Tribunale.), un altro che dovrà essere utilizzato, invece, per la fatturazione digitale delle spese di funzionamento (pagamento ai di fornitori di beni - carta, toner, materiale di cancelleria, ecc. - e di servizi di manutenzione, sorveglianza sanitaria, sicurezza, ecc.).

Il codice univoco ufficio IPA delle Spese di Giustizia è S89OC9.

Il codice univoco ufficio IPA delle Spese di Funzionamento è 2CBR9E

In particolare, per la fatturazione elettronica delle spese di giustizia seguire le indicazioni riportate nel seguente allegato:

 

CERTIFICAZIONE DEI REDDITI CORRISPOSTI

Istruzioni e modalità di ricezione in via telematica attraverso la Piattaforma Siamm:

 

ISTANZA WEB SETTORE PENALE:

 

DOMANDA DI RIABILITAZIONE

CHE COS’E’ LA RIABILITAZIONE

La riabilitazione (art. 178 c.p.) estingue le pene accessorie ovvero:

  • l’interdizione dai pubblici uffici,
  • l’interdizione da una professione o da un’arte,
  • l’interdizione legale, l’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese,
  • l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione,
  • la decadenza dalla potestà dei genitori e sospensione dell’esercizio di essa,
  • la sospensione dall’esercizio di una professione o di un’arte,
  • la pubblicazione della sentenza penale di condanna.
  • Estingue altresì ogni altro effetto penale della condanna, salvo che la legge disponga altrimenti.

QUANDO VIENE CONCESSA LA RIABILITAZIONE

La riabilitazione viene concessa (art. 179 c.p.) quando siano decorsi almeno 3 anni (almeno 8 per i recidivi e 10 per i delinquenti abituali, professionali o per tendenza) dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o si sia estinta, e il condannato:
- abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta;
- non sia stato sottoposto a misura di sicurezza (tranne nel caso di espulsione dello straniero dello Stato o di confisca);
- abbia adempiuto le obbligazioni civili derivanti da reato (salva l’ipotesi che non sia in grado di adempierle).
ATTENZIONE: la riabilitazione può essere revocata (art. 180 c.p.). Ciò accade quando la persona riabilitata commette entro 7 anni un delitto  non colposo per il quale sia inflittaq la pena della reclusione non inferiore a 2 anni od un’altra pena più grave.

LA DOMANDA DI RIABILITAZIONE

La richiesta di riabilitazione è presentata dall’interessato al Tribunale di Sorveglianza il quale è competente  anche per la revoca, sempre che questa non sia intervenuta a seguita di altra sentenza di condanna (art. 683 c.p.p.).
Nell’istanza devono essere indicati tutti gli elementi che giustifichino la riabilitazione con la necessaria documentazione.

 

 

ISTANZA DI REMISSIONE DEL DEBITO

CHE COS’E’ LA REMISSIONE DEL DEBITO

A seguito di sentenza penale di condanna possono essere computate al condannato una serie di spese derivanti dall’attività procedimentale. Si tratta, ad esempio, delle spese cd di giustizia e della cd Cassa delle Ammende.
Avverso le prime, ai sensi dell’art. 6 D.P.R. 30.05.2002 n. 115, può essere promossa istanza di remissione del debito, istanza che ha come scopo quello di evitare al condannato il pagamento delle citate spese di giustizia.

 

QUANDO VIENE CONCESSA LA REMISSIONE DEL DEBITO

La remissione del debito può essere concessa su domanda dell’interessato o dei prossimi congiunti e solo a chi versa in effettive condizioni economiche tali da non poter adempiere al pagamento delle spese di giustizia.

 

LA RICHIESTA DI REMISSIONE DEL DEBITO

L’istanza va presentata al Magistrato di Sorveglianza competente per il luogo di residenza o di domicilio  del richiedente (se non è detenuto) o, comunque, sulla base della competenza stabilita dall’art. 677 c.p.p. evidenziando la situazione economica che giustifica la remissione, dall’attività lavorativa svolta ed il conseguente stipendio, al possesso o meno di beni immobili o mobili registrati, oltre ad eventuali redditi di familiari residenti con lo stesso richiedente. E’ necessario allegare tutta la documentazione necessaria ad individuare con maggiore precisione gli aspetti sopra indicati.
A seguito del deposito della suddetta istanza, il Magistrato di Sorveglianza fissa l’udienza per la deliberazione. Trattandosi sempre di attività penale la difesa del richiedente è obbligatoria. Pertanto, se il richiedente non ha nominato un difensore di fiducia, verrà assistito per l’udienza da un difensore d’ufficio.
Nel periodo intercorrente tra il deposito dell’istanza e l’udienza, l’Ufficio di Sorveglianza dispone agli organi finanziari e di Polizia Giudiziaria i controlli necessari a constatare l’effettivo stato economico del richiedente.
All’udienza, il Magistrato di Sorveglianza, fatta (di regola) un breve disamina sulla situazione rilevata dalle forze dell’Ordine e sull’istanza presentata dal richiedente, dà la parola alle parti presenti, ovvero il P.M. ed il difensore del richiedente, ed ascolta quest’ultimo se presente. 

Sulla base di tutte le considerazioni ed osservazioni sopra riportate il Magistrato valuta se accogliere o meno la richiesta di remissione del debito.

 

 

ISTANZA PER LA RATEIZZAZIONE DELLA PENA PECUNIARIA

COSA SI INTENDE PER RATEIZZAZIONE DELLA PENA PECUNIARIA

Una sentenza penale di condanna può comportare il pagamento di una somma di denaro (sola o congiunta ad una pena detentiva) denominata pena pecuniaria.
A differenza delle spese di giustizia conseguenti ad una sentenza penale di condanna, la pena pecuniaria non può essere rimessa (ovvero eliminata) ma può essere rateizzata.

 

QUANDO VIENE CONCESSA LA RATEIZZAZIONE DELLA PENA PECUNIARIA

La rateizzazione della pena pecuniaria può essere concessa direttamente dal giudice in sentenza di condanna (art. 133 ter c.p.) o, successivamente, su domanda dell’interessato e, comunque, solo a chi versa in effettive condizioni economiche tali da non poter adempiere al pagamento della pena in un’unica soluzione. 
In ogni caso la rateizzazione, se concessa, non può superare il numero massimo di 30 rate mensili.

 

LA RICHIESTA DI RATEIZZAZIONE DELLA PENA PECUNIARIA

L’istanza va presentata al Magistrato di Sorveglianza competente per il luogo di residenza o di domicilio  del richiedente (se non è detenuto) o, comunque sulla base della competenza stabilita dall’art. 677 c.p.p., evidenziando la situazione economica che giustifica la rateizzazione, dall’attività lavorativa svolta ed il conseguente stipendio, al possesso o meno di beni immobili o mobili registrati, oltre ad eventuali redditi di familiari residenti con lo stesso richiedente. E’ necessario allegare tutta la documentazione necessaria ad individuare con maggiore precisione gli aspetti sopra indicati.

A seguito del deposito della suddetta istanza, il Magistrato di Sorveglianza fissa l’udienza per la deliberazione. Trattandosi sempre di attività penale la difesa del richiedente è obbligatoria. Pertanto, se il richiedente non ha nominato un difensore di fiducia, verrà assistito per l’udienza da un difensore d’ufficio.
Nel periodo intercorrente tra il deposito dell’istanza e l’udienza, l’Ufficio di Sorveglianza dispone agli organi finanziari e di Polizia Giudiziaria i controlli necessari a constatare l’effettivo stato economico del richiedente.
All’udienza, il Magistrato di Sorveglianza, fatta (di regola) un breve disamina sulla situazione rilevata dalle forze dell’Ordine e sull’istanza presentata dal richiedente, dà la parola alle parti presenti, ovvero il P.M. ed il difensore del richiedente, ed ascolta quest’ultimo se presente.

Sulla base di tutte le considerazioni ed osservazioni sopra riportate il Magistrato valuta se accogliere o meno la richiesta di rateizzazione.

 

 

ISTANZA PER LA RATEIZZAZIONE DELLA CASSA DELLE AMMENDE

COSA SI INTENDE PER RATEIZZAZIONE CASSA DELLE AMMENDE

A seguito di sentenza penale di condanna possono essere computate al condannato una serie di spese derivanti dall’attività procedimentale. Si tratta, ad esempio, delle spese cd di giustizia e della cd Cassa delle Ammende.

La Cassa delle Ammende è un Ente che è stato istituito con la Legge 547 del 1932 per supportare con appositi finanziamenti l’attività svolta dai Consigli d’Aiuto Sociale. 

Oltre a questa finalità si sono aggiunti successivamente altri fini quali: il finanziamento di progetti dell’Amministrazione penitenziaria e il finanziamento di programmi volti all’assistenza economica in favore delle famiglie dei detenuti e degli internati, oltre a programmi che intendono favorire il reinserimento sociale dei detenuti  e degli internati anche nella fase di esecuzione di misure alternative alla detenzione (art. 129 D.P.R. N. 230/2000).

Avverso il provvedimento di riscossione delle somme dovute alla Cassa delle Ammende, ai sensi dell’art. 232 D.P.R. 30.05.2002 n. 115, può essere promossa istanza di rateizzazione.

A differenza, infatti, delle spese di giustizia conseguenti ad una sentenza penale di condanna, la Cassa delle Ammende non può essere rimessa (ovvero eliminata) ma solo rateizzata.

 

QUANDO VIENE CONCESSA LA RATEIZZAZIONE DELLA CASSA DELLE AMMENDE

La Rateizzazione può essere concessa su domanda dell’interessato e solo a chi versa in effettive condizioni economiche tali da non poter adempiere al pagamento della somma prevista in unica soluzione.

 

LA RICHIESTA DI RATEIZZAZIONE

L’istanza va presentata al Cancelliere dell’Ufficio Riscossione Crediti del Tribunale che ha emesso l’avviso di pagamento evidenziando la situazione economica che giustifica la rateizzazione, dall’attività lavorativa svolta ed il conseguente stipendio, al possesso o meno di beni immobili o mobili registrati, oltre ad eventuali redditi di familiari residenti con lo stesso richiedente. E’ necessario allegare tutta la documentazione necessaria ad individuare con maggiore precisione gli aspetti sopra indicati. Va, altresì, allegata apposita “dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà” (art. 47 D.P.R. 445/2000)  e “dichiarazione sostitutiva di certificazione” (art. 46 comma 1 D.P.R. 445/2000).

A seguito del deposito della suddetta istanza, il Cancelliere addetto all’Ufficio Riscossione Crediti, valutata l’istanza stessa decide se concedere o meno la rateizzazione e, se qs viene concessa ne stabilisce il numero di rate ritenuto più opportuno (massimo n. 15 rate mensili) per il caso in esame.

 

 

RICHIESTA DI APPLICAZIONE DELL'INDULTO

CHE COS’E’ L’INDULTO

L’indulto (art. 174 c.p.) rientra tra le cause che estinguono la pena principale e non il reato. Ciò vuol dire che il reato permane ma che il soggetto condannato non dovrà scontare la pena conseguente alla condanna subita. 

 

QUANDO VIENE CONCESSO L’INDULTO

L’indulto è, comunque, un provvedimento straordinario che viene emesso dal Parlamento a seguito di delibera a maggioranza dei 2/3 dei componenti delle Camere. In tal modo vengono stabilite le modalità con cui verrà applicato.
Al giorno d’oggi è di estrema attualità essendo stata emessa la Legge sull’indulto n. 241 del 31.07.2006.

 

LA RICHIESTA DI APPLICAZIONE DELL’INDULTO

L’indulto può essere applicato direttamente in udienza dal Giudice di cognizione (cd indulto improprio), oppure quando viene emesso in fase di esecuzione della pena (quindi, quando la condanna è passata in giudicato); in tal caso si tratta di indulto proprio.

Da ciò deriva che l’indulto deve trovare applicazione d’ufficio.

Tuttavia, a causa della enorme mole di lavoro cui i giudici sono sottoposti nell’emettere le relative ordinanze di applicazione dell’indulto, è consigliabile per alcuni casi, proporre apposita istanza di richiesta applicazione indulto con lo scopo di accelerare i tempi e/o quantomeno ottenere la sospensione di eventuali possibili procedure esecutive in corso.

Si pensi, ad esempio, all’ipotesi in cui Tizio sia stato condannato ad una pena pecuniaria rientrante nell’indulto. In tal caso, vi è il rischio che sia già stato dato il via alla procedura per il recupero del credito da parte dello Stato tramite gli appositi uffici di riscossione. Tuttavia, se si interviene con idonea documentazione che attesti come Tizio benefici dell’indulto, ciò comporta la sospensione di qualsiasi provvedimento di esecuzione in essere.
La richiesta di applicazione dell’indulto va presentata dall’interessato al Giudice dell’esecuzione.

Nell’istanza devono essere indicati tutti gli elementi che giustifichino l’applicazione dell’indulto con la necessaria documentazione. L’istanza può essere presentata anche dal difensore.